Friday, April 25, 2014

Il vaso di Pandora

Vassoi d'argento ricoperti di frutta secca. Datteri, mandorle. Dolci al miele, che dame dell'alta società di Agatha raccolgono tra le dita perfette e affondano tra le labbra come baci. Andres Norum cammina in mezzo alla folla con abiti di tessuti pregiati, con bracciali d'oro ai polsi. Il collo lungo si distende sopra le teste, tra i corpi, gli occhi incessanti come quelli delle cerve. Le labbra rimangono piegate in un sorriso falso, imperturbabile, sotto cui nasconde il suono sottile, rovinoso dell'ansia. Un istante e sopra le spalle del fratello del Governatore scorge la figura alta, solida, di Lucian Farahani. Ne scorge il profilo, la mandibola tendersi in un sorriso. Ne vede gli occhi azzurri illuminarsi per qualcosa che gli viene detto. Di fronte a Farahani, c'è una donna. Ha i capelli neri come l'ebano, lunghi e mossi. Gli occhi scuri come le pantere. E' una pittrice, lui la conosce di nome. Viene da una famiglia importante. Andres lo guarda ridere da lontano, bevendo vino invecchiato. Gli ci vuole meno di un istante a capire che è una risata vera, non una di quelle risate di circostanza che gli ha visto sfoggiare innumerevoli volte alle feste. E lei ride con lui. Lui li guarda da lontano, sente una fitta lurida, orrenda, viscerale, salirgli in gola. Il sorriso distaccato che gli adorna le labbra non si spegne, rimane lí di pietra. Freme sotto il peso del dubbio. Si ritrova a deglutire mentre gli occhi gli diventano pesanti come sassi, nella loro azzurra diafana bellezza. Non sbatte nemmeno le palpebre. Lucian Farahani, da laggiù, sposta gli occhi su di lui. Per un lungo istante, i loro sguardi si incrociano attraverso la sala affollata. La risata del Principe di Mashhad si affievolisce, si contrae, viene infettata da una tensione impalpabile mentre torna rivolto verso la sua interlocutrice. Non smette di sorriderle, ma lo fa con meno convinzione.

"Lucian Farahani ha sempre un ottimo gusto. Vale per i cani, per i cavalli, per il vino e per le donne!"

La voce del dottor Bahni, farmacista delle migliori famiglie di Agatha, lo riporta alla realtà come un colpo di tamburo, o come il colpo di un fucile. Gli uomini intorno capiscono subito il riferimento, allungando gli occhi verso la stessa conversazione che stava osservando lui. Ridono, si danno di gomito. Di colpo, gli sembra di stare osservando un branco di porci. Nemmeno ne sentisse il puzzo, la gola gli si stringe. Sente il proprio sorriso diventare sempre meno credibile, premergli sul volto come una smorfia grottesca mentre gli occhi si asciugano in una pozza dura. L'unico che non ride è Clemence Rathod. Vecchio, elegante e ancora bellissimo, Clemence è troppo intelligente per ridere. Allo stesso tempo, conosce gli occhi di Andres troppo bene per non vederli sprofondare in un luogo dove nessuno può raggiungerli. In quel momento, Clemence decide di dire qualcosa con una pacatezza che non lascia spazio a contraddizioni.

"Sposare quella donna, lo aiuterebbe enormemente. Rassicurerebbe la sua posizione politica, che tende ad essere sempre più precaria delle vittorie dei suoi cani."

Cala il silenzio per qualche istante, ma i presenti concordano.

"E insieme stanno molto bene. Anche l'occhio vuole la sua parte."

Bahni d'altro canto ha sempre avuto un occhio estetico per le coppie. Alcuni dei migliori matrimoni, lui li aveva predetti cosí. Rathod, dopo aver lanciato il sasso, lascia che gli altri proseguano il chiacchiericcio che provoca, fissando gli occhi su Andres, che se li sente addosso come montagne. Il cuore, gli è affondato in fondo al ventre. Si dibatte come un pesce che muore, boccheggia. Una consapevolezza soffocante gli scivola nelle ossa. La consapevolezza che le parole di Clemence sono vere. Forse non per questa volta. Lo sono in assoluto. Le parole che Clemence non ha detto ad alta voce, quelle che ha detto solo a lui con gli occhi.
Andres Norum, in quel momento, diventa vecchio.
Antico, come le statue dimenticate.
Il cuore, nel fondo dello stomaco, viene stritolato dall'edera, si riempie di polvere.

"..Chiedo scusa. Non mi sento bene."

Lo mormora sorridendo con una grazia asfissiante, voltandosi sotto ad una manciata di sguardi perplessi.

"Mi pare pallido in effetti. Che gli abbia fatto male il vino?" Bahni, che è più sveglio di quanto voglia far credere questa volta non parla, preferendo annusare il bicchiere da cui Norum stava bevendo. Forse, lo immagina avvelenato. Forse lo ha già visto succedere.
Ma il vino è buono, e Andres cammina a mento alto senza voltarsi indietro. Attraversa la sala senza cercare nessun volto con gli occhi. Attraversa porte.
Attraversa corridoi.
Attraversa giardini abitati da pavoni, circondati da colonne e ricami di pietra.
Attraversa le meraviglie di uno dei palazzi più belli del pianeta.
Li attraversa fino ai propri alloggi. La sua cameriera gli va incontro, stupita di vederlo tornare prima della fine della festa.

"Come mai è di ritorno cosí presto?"
"Sono molto stanco, Nanèe."
"E' molto pallido, devo chiamare il medico?"
"No. Non voglio vedere nessuno. Se qualcuno viene a cercarmi, dí loro di andare via. Dí loro che sto dormendo."
"Anche se viene Mr. Farahani?"

La domanda della povera Nanèe è innocente. Ma Andres si volta verso di lei con gli occhi chiari pieni di pece. Con un rimprovero talmente violento che rasenta il disgusto, lasciandola a bocca aperta, priva di punti di appiglio.

"Sei una sfacciata. Dovrei licenziarti."

Nanèe boccheggia. Indietreggia di un passo.

"Dirò di no anche a lui."

Andres annuisce, si mette a percorrere il corridoio che porta alla sua stanza. Apre le porte pesanti, se le richiude alle spalle. La stanza è vuota, illuminata dalla luce grigia del crepuscolo. Di colpo, persino i colori dei suoi abiti sembrano più spenti. Persino i bracciali in oro, che rilucevano nel ricevimento, sembrano banali pezzi di metallo. Le finestre sono aperte, le persiane di legno verde scuro sono rivolte verso l'interno della stanza da letto come fauci. Le lenzuola sono smosse come dopo una tempesta. Il silenzio ora è assoluto, interrotto solo dalle voci delle rondini fuori nei giardini. Lui avanza, il petto che viene smosso dal respiro mentre si fa via via affannato. Mentre gli diventa faticoso respirare. Le dita si aggrappano alle persiane cariche d'odio, mentre cerca un appoggio. Il ventre si piega in due, come se dovesse vomitare, invece grida, aggrappato alle finestre. Un grido orrendo, sfiancante, che gli gonfia il collo e gli brucia negli occhi. Un grido da bestia. Si spegne nel silenzio da cui è nato.


Fu lui stesso a suggerire a Lucian Farahani le nozze con la ricca pittrice d'ebano, di prendere quantomeno in considerazione l'idea.
Quella fu la prima e l'ultima volta in cui Andres Norum si concesse di lasciare una festa prima che fosse appropriato. O di urlare.



Friday, April 18, 2014

Come sarebbe bello


Vorrei cavarmi gli occhi quando ti guardo
Sono luci sintetiche in un cielo innaturale, sfrigolano
nelle notti d'estate a cercarti
Come sarebbe bello. Camminare nel caldo umido con una bottiglia in mano
a parlar di cose che non ci interessano, a parlare di domani per non parlare
della voglia di scopare

Sto seduto alla finestra e sono solo
Fuori, i rumori lontani della metropoli
le voci sgozzate degli ubriachi che escono dai bar
Come sarebbe bello. Se mi tocco ho i brividi ma ho paura di squagliarmi
perdere le squame
perdere la vista
perdere dio
il dio della pioggia, dell'erba bagnata e dei ragazzi che ballano nei campi
sotto l'afa, il dio che non sarà mai il nostro, non il mio

Vorrei cavarmi gli occhi quando ti guardo
quando morirò sarà come aver strappato una cartolina senza destinatario.

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"A volte mi chiedo se comprendi la portata dei sacrifici che mi competono."
"Lo dici come se non conoscessi la misura della mia riconoscenza."